DANIELE PERILLI
NEUTRAL-ISM
Padiglione Italia
54° Biennale Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia
TORINO
Palazzo delle Esposizioni – Sala Nervi
Corso Massimo D’Azegio 15/b
17.12.2011 – 30.01.2012
a cura di Vittorio Sgarbi
Organizzazione: Kleements & McOellin – Milano
Ufficio stampa: RossoCinabro - Roma
Daniele Perilli nasce a Nereto il 20 gennaio 1981 diplomato al Liceo Scientifico di Nereto, figlio d’arte, Daniele è praticamente nato e cresciuto nell'ambiente artistico e sin da adolescente frequenta lo studio del padre Francesco, che è pittore e scultore e dove vi apprende e ricerca numerose tecniche: grafiche, pittoriche e scultoree, si esercita sulle tecniche tradizionali della pittura ad olio, del disegno e del modellato, vi apprende tecniche innovative e ne esperimenta tecniche personali, esclusive ed alchemiche. Membro del direttivo del Centro Studi sul Multiculturalismo, Daniele partecipa insieme al padre alla stesura del Manifesto sul Neutral-ism dove si fa paladino di un'arte trans-formale.
Approfondimenti:
sull’artista: http://www.rossocinabro.com/exhibitions/current_exhibition_perilli.htm
Manifesto testo completo: http://www.francescoperilli.it
L’ESTETICA DELLA TRASFORMAZIONE PERPETUA
testo di Jenny Dogliani
Come il principe dei nembi è il Poeta che, avvezzo alla tempesta, si ride dell'arciere: ma esiliato sulla terra, fra scherni, camminare non può per le sue ali di gigante. (Charles Baudelaire)
L’opera di Daniele Perilli nasce da un gesto puro e di antica memoria, un gesto unico e irripetibile che plasma la materia per infondervi la vita.
L’abilità tecnica e la pratica manuale sono requisiti storicamente legati all’opera d’arte e a essa necessari. Tale condizione, però, sembra venire meno in un’era iper-tecnologica come la nostra, in cui la simulazione si sostituisce all’esperienza del mondo e il simulacro della realtà ne fa le veci.
In uno scenario come questo, gesti eclatanti privi di sentimento ed emozione e fredde analisi concettuali fanno dell’opera un fuoco fatuo e dell’artista una sorta di anatomopatologo che è intento a manipolare i pezzi di un mondo decaduto, per decretarne, nella maggior parte dei casi, l’irreversibile morte.
Da tale punto Daniele Perilli, insieme ai membri del movimento Neutralista, intende ripartire per creare una nuova dimensione estetica e umanistica, che sia in grado di ridefinire la percezione del mondo e le regole della sua rappresentazione.
Il Neutral-ism, che si propone come punto d’equilibrio tra esperienze culturali diverse e come inedita sintesi di linguaggi artistici che hanno caratterizzato la contemporaneità, dal Concettuale all’Informale. Idea ed emozione, dunque, divengono il centro gravitazionale di un’arte necessaria all’occhio e allo spirito, che non vuole essere la mera espressione reiterata di un mondo inflazionato dalle immagini. L’opera neutralista è oscura e misteriosa, come lo sono l’anima e la natura, essa è portatrice di un sistema di valori nuovo e complesso, che ha nell’uomo e nella conoscenza la propria ragion d’essere.
I dipinti di Daniele Perilli sono di matrice astratta, ma vanno ben oltre la radice Informale. Essi, infatti, non rinnegano la forma, ne accolgono la disgregazione, facendosi interpreti d’inaspettate metamorfosi. La sua pratica artistica si nutre del tempo, di piccoli gesti ripetuti con abilità certosina, frutto di una tecnica rigorosa e segreta che mescola la tradizione pittorica all’investigazione alchemica. Impercettibili variazioni luminose e cromatiche, ottenute con colori acrilici e oli, danno luogo a un magma di materia, che amorfo e caotico sembra espandersi sulla tela.
Una forza centrifuga domina le composizioni, mai suddivise in piani prospettici. La colorazione, che talvolta tende alla monocromia, rappresenta l’idea stessa del colore, puro e slegato da qualsiasi superficie, evocando così lo spazio assoluto della pittura.
Le sue strutture sono apparentemente semplici, simili a un supporto accartocciato che tenderebbe a scomparire se egli non offrisse, qua e là, degli appigli. Orizzonti incerti e figure indeterminate emergono silenziosi, frutto di una tensione intrinseca che spinge la forma verso una crescita e una rigenerazione senza fine. La composizione finale è dinamica e vibrante, animata da un’energia sotterranea e primigenia, responsabile di quel processo miracoloso e sorprendente che è il divenire della forma. Dal magmatico ammasso di materia fuoriescono abbozzi di figure: animali, unicorni, pesci, uccelli, conchiglie e uova, manifestazioni, queste, della vita stessa, che si perpetua attraverso infinite forme e processi metamorfici.
L’esistenza è per Daniele Perilli un percorso transitorio, situato tra la nascita e la morte. È l’itinerario che tutti, uomini, materiali e organismi, compiono attraverso un tempo e uno spazio indefiniti, a cui sono solo parzialmente e fatalmente legati.
Nelle sue opere, dunque, la forma è sospesa tra passato e futuro, ordine e disordine, creazione e distruzione. Il futuro è racchiuso nell’attesa della configurazione della forma, il passato, invece, nelle sue fascinose rovine, nei fossili, nei relitti e negli spettri che di essa conserva la memoria. Così egli dà luogo a una collisione temporale che, similmente al processo di fusione nucleare, è all’origine dell’universo, dei suoi cicli e del suo destino. Le macerie, simbolo di un mondo in disgregazione, divengono in tal modo fondamenta su cui edificare una nuova immagine e una nuova realtà.
Il gesto di Daniele Perilli è veicolo dei misteri del cosmo, di cui la sua arte si fa partecipe, affrancandosi dal ruolo di muta testimone o semplice replica, fedele o distorta, del mondo in cui viviamo.
Il linguaggio statico della pittura potrebbe a prima vista sembrare un mezzo inadeguato a rappresentare la realtà in tutte le sue dinamiche sfaccettature. I dipinti necessitano di tempi e modi di fruizione lenti e contemplativi, diversi rispetto a quelli frettolosi e bulimici a cui il mercato e i circuiti dell’arte contemporanea ci hanno, troppo spesso, abituato.
La pittura di Perilli è disarmante e intima, come lo è la poesia. Al pari di quest’ultima nasce nella solitudine e nella sofferenza, non cerca mirabilia o effetti speciali, ma ci pone a tu per tu con il nostro essere e la transitorietà dell’esistenza. La sua opera catalizza lo sguardo rapito e attonito dello spettatore, rendendolo parte consapevole del mistero della vita e della sua segreta sorgente e innalzandolo verso una sfera universale.
A Marcel Duchamp è stata attribuita la frase «stupido come un pittore», ma forse siamo noi troppo «stupidi» o distratti per la pittura, soltanto il tempo potrà dirlo; del resto come scrisse Théophile Gautier «tutto passa, solo l’arte robusta è eterna».
Neutral-ism Manifesto
Il Neutral-ism si configura e si propone quale movimento artistico multiforme, ecletticamente connaturato, che si sforza di raccogliere le tendenze più svariate, perfino contrapposte, ma non per questo inconciliabili; esso esprime e redime infatti proprio il malessere determinato dalle forti incomprensioni contemporanee, e le mille feconde divergenze scaturite dall’incontro e dalla forzata o spontanea convivenza tra culture diverse. Esso si fonda sulla vitale compresenza delle differenze.
Il Neutral-ism colloca al centro di questo dialogo o rispecchiamento tra le arti delle differenti culture, il suo Ismo neutrale e universale, per un confronto civile ed espressivo tra le suddette diversità, preziose proprio per affrontare, forse anche risolvere, le problematiche poste dagli avvicendamenti interculturali, dalle contaminazioni e metamorfosi di un mondo ormai globalizzato.
L’Arte Neutralista si colloca come duttile, paziente punto di equilibrio tra il salto avulso, liquidatorio, del concettualismo puro e l’arduo e intricatissimo snodo dell’arte informale.
Il Pensiero Neutralista si pone dunque in forte polemica con tutta quella contemporaneità che ha privilegiato e anteposto il concetto rispetto all’emozione: e proprio per questo il Movimento Neutralista prende le distanze dall’arte concettuale freddamente pura e cerebrale, priva dell’impronta diretta dell’artefice. Sosteniamo infatti che un’opera realizzata e mediata attraverso l’uso della sola ragione venga più che deprivata della sua componente e ossatura fondamentale, quella umanistica…
Solo l’artista può trasferire, irradiare a un’opera tramite il suo intervento demiurgico la sua componente umanistica – al di fuori di ogni delega teorica o concreta, o peggio protesi tecnica o tecnologica che gli impedisca di trasferirvi, rivelarne appieno la componente emotiva dei sensi e dei sentimenti identificativi… L’arte è emozione, eterno gesto umanista: tutto il resto rimane semplice forma bizzarra di comunicazione sperimentale.
L’Arte Neutralista prende altresì le medesime distanze dall’arte cosiddetta informale, tesa a negare valore ad ogni intuizione o applicazione artistica che presupponga il fi ltro luminoso della ragione.
A differenza dell’arte informale che svuota appunto l’opera di ogni qualsivoglia schiavitù o valore formali – incoronando anzi l’antitesi della forma stessa – l’opera neutralista rappresenta all’inverso un processo di logoramento, cancellazione, defigurazione e ottundimento della forma contestata (perché magari non condivisa, o ritenuta meritevole di perfezionamento, o peggio scoronata come decaduta, superata), ma in costante progressione evolutiva.
Operando in una condizione, forma mentis e anche habitat post-formale, l’artista neutralista insisterà e viaggerà nella direzione di un temprato linguaggio neo-formale, neo-umanistico, metamorfi co e universale.
Rispetto ai due opposti, consolidati atteggiamenti, aderenti l’uno al concettualismo puro, e l’altro all’arte informale – la posizione neutralista sostiene una scelta in cui istinto e ragione concertino e insieme conducano l’opera. Insieme, perché l’assenza anche solo di una delle due componenti, priverebbe l’opera della stato d’animo umanistico dell’autore, togliendo così al messaggio ferma valenza intellettuale.
Il Neutral-ism pertanto rimescola le carte, azzera le forme e gli aspetti negativi dei linguaggi ormai espressivamente istituzionalizzati e sclerotizzati, spazzando via ogni dogma che si faccia barriera e ostacolo al dialogo. Esso sostiene un passato che si proietta nel futuro e un futuro che s’inabissa nel passato, addentro a una storia universale tutta rimescolata e diacronica, dove i valori che più ci permeano possano venire reinterpretati, riplasmati in libertà d’intenti e di linguaggio, come anima posta in uguaglianza fra differenti anime artistico-culturali.
Come agli inizi dei tempi e della genesi, perpetuamente si consumano i cicli del principio e della fine, della forma e dell’informe, nella trasformazione incessante della materia e della vita, dei linguaggi e dei silenzi – in una successione dinamica e sfaccettata di immagini e creazioni – le opere neutraliste, fotogrammi tra spazio e tempo, deflagrazioni immaginifiche e schegge stesse emotive, incarnano un’arte nuova e dinamica. Proprio in questo processo, l’artefice resta sommamente libero di decidere, valutare, inventariare, rigenerare residui di forme che egli dovesse ritenere eterne, positive, cosmogoniche, comunque utili alla sua missione…
Il Neutral-ism si fonda sui pilastri della materia, le radici dello spirito e della ragione – conscio e anzi certissimo che la Natura resti sempre fatalisticamente neutrale, e mai schierata che a caso… Comune denominatore per ogni diversità, che davvero s’armonizza in una rimata, lirica ridda di ossimori e di opposti, finite infinità…Neutral-ism, allora, come tavolo di dialogo, lavagna di popolo, concertazione laica e trasparente dove ognuno rivendichi e rispetti la libertà di dire la sua. Neutral-ism come laboratorio aperto in cui ridare voce agli artisti.
Così come in una somma contabile il risultato è l’addizione dei suoi componenti, così nell’esito espressivo del Neutral-ism il messaggio culturale appartiene all’unità dell’opera e non ai singoli elementi in essa compresi, sottesi.
Il movimento del Neutral-ism non considera propriamente artistiche quelle forme e dinamiche sperimentali di comunicazione considerate, sdoganate oggi quali “opere d’arte” – e che rimangono nella fattispecie dei vièti e semplici assemblaggi di foto, video, costumi, design, performances, pseudo-installazioni… dove il presunto artefice diviene regista o architetto di stravaganze, chiacchiere e discettazioni, eleganti o aggiornate vacuità che hanno partorito milioni di sedicenti “artisti” epigoni del Nulla: e dove i sarti, i designers, i pubblicitari, i “creativi” industriali, hanno illegittimamente invaso, occupato i musei, stravolgendo il significato stesso di un’Arte Contemporanea troppo spesso ridotta, ahinoi, ad una luminosa, desublimata contemplazione autoreferenziale della merce. Noi rifiutiamo la conformista omologazione dell’opera d’arte ad un puro e semplice prodotto da consumare, ormai privo della sua necessaria qualità di bene sociale e laicamente spirituale.
Non tutto è arte o può, potrà esserlo – o peggio, diventarlo… Giacché se tutto può essere arte, allora niente più sarà Arte: che mai infatti è stata, né ora può ridursi, e teorizzarsi, a elegante ricettacolo, dinamico contenitore poliespressivo in cui poter introdurre, parcheggiare o rottamare ogni sorta o scoria di monotona e strombazzata bizzarrìa.
Francesco Perilli
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